Teatro

Loredana Furno: il BTT non sara' piu' una compagnia d'autore

Loredana Furno: il BTT non sara' piu' una compagnia d'autore

Momento di  svolta per il Balletto Teatro di Torino. Non sarà più una compagnia d'autore, plasmata e lavorata sullo stile del coreografo Matteo Levaggi. Nato nel 1979 sulle peculiarità di danzatrice-interprete di Loredana Furno, cresciuto con coreografi come Miscovitc, Biagi, Fascilla, Gai, forgiato negli ultimi 10 anni dal coreografo residente Matteo Levaggi, il BTT si prepara a cambiare fisionomia sin dalla prossima stagione, ospitando il contributo di diversi coreografi. Insomma, diverrà un ensemble caratterizzato dalla capacità di interpretare differenti stili: il tutto improntato alla costruzione di un repertorio formato da creazioni di diversi artisti.

Loredana Furno, perché questo cambiamento?
Si è fatta strada l’esigenza di indirizzare il percorso artistico della compagnia verso una pluralità di stili, per offrire sia ai ballerini sia al pubblico una più ampia possibilità di confronto sui linguaggi della danza nella contemporaneità. Il cambiamento è la conseguenza naturale di un lavoro che mira ad armonizzare i diversi aspetti della nostra attività, la molteplicità di stimoli e proposte ha reso negli anni la Lavanderia a Vapore di Collegno (TO), dove ha sede anche la compagnia BTT, un centro d’eccellenza internazionale.

Ci saranno ancora produzioni di Matteo Levaggi per il BTT?
Certo. Abbiamo condiviso un cammino importante. Era poco più che ventenne quando pensai di affidargli le prime creazioni per la compagnia: in poco tempo ne divenne coreografo residente componendo decine di titoli, alcuni dei quali premiati in Italia e all’estero. Ho scommesso sul suo talento fin da quando era ancora un allievo della Scuola del BTT e i risultati non sono mancati. Ora Matteo è pronto per affrontare anche un suo percorso personale. E noi siamo pronti per diventare una compagnia basata sulla duttilità degli interpreti. Il suo contributo proseguirà e alcune sue creazioni resteranno in repertorio. Ma chiameremo anche altre personalità di livello cercando di alternare nomi già affermati a coreografi emergenti.

La Lavanderia a Vapore si pone come una vera e propria casa della danza internazionale: quali sono le attività che ospita?
E’ sede della Compagnia e di tutte le sue attività di produzione; inoltre organizza una Stagione di Danza Internazionale, che ogni anno porta in scena i lavori più significativi della contemporaneità internazionale, basti pensare a Claude Brumachon, Wayne McGregor, Shen Wei, La La La Human Steps. Diverse sono le collaborazioni con realtà affini: La Maison de la Danse di Lione, il Centre Corégraphique National de Nantes, il Pavillon Noir di Aix en Provence. Infine non bisogna tralasciare l’attività di residenza, offerta ad artisti emergenti, e le costanti attività didattiche ed espositive.

Ora dirige una compagnia internazionale, ma Loredana Furno nasce come ballerina…
Ho iniziato a studiare alla scuola del Teatro Regio di Torino con il maestro Grazioso Cecchetti, perfezionandomi in seguito tra gli altri, con Susanna Egri, Marika Besobrasova e con Esmee Bulnes. Nel 1962 sono entrata nel corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano partecipando a diverse tournèe con “I solisti del Teatro alla Scala”; ho avuto la fortuna di interpretare i capolavori dell’epoca e di danzare insieme alle giovani promesse che sarebbero poi diventate stelle internazionali: Carla Fracci, Elisabetta Terabust, Amedeo Amodio, Luciana Savignano. Ho vissuto anche l’esperienza, inusuale per quei tempi, di danzare come protagonista femminile dell’edizione televisiva “L’Histoire du Soldat”.

Ricordi che le restano di quel periodo?
L’emozione di danzare giovanissima con Mario Pistoni, di essere scelta da Aurel Millos come protagonista de “La sonata dell’angoscia” al Comunale di Bologna e, cosa che è capitata a pochi, di sostituire Carla Fracci al Petruzzelli di Bari, nel ruolo di Mila di Codro nella dannunziana “La figlia di Jorio”, danzando in coppia con Amedeo Amodio. E poi, gli splendidi anni di lavoro accanto a Carla nella sua compagnia, in balletti firmati da Beppe Menegatti.
E ancora, di essere stata chiamata come solista, accanto a Christopher Aponte, Helene Diolot, Jean Pierre Martal e Vittorio Biagi nell’anno di fondazione dell’Aterballetto.

Il passaggio dalla scena alla direzione di balletto?
Ero da oltre 15 anni prima ballerina al Regio di Torino quando un giorno l’allora sovrintendente, Giuseppe Erba, mi chiama nel suo ufficio e mi fa partecipe di un suo pensiero: fare del Teatro Nuovo (ormai in disuso, dopo la ricostruzione dello storico Regio di piazza Castello) un Teatro per la Danza, dove avrei dovuto essere protagonista e direttore artistico.
 Così, anche se con qualche rimpianto, lascio il Regio per il Nuovo e comincio a lavorare sodo, chiamando a creare per me i migliori coreografi di quegli anni, insegnando e dirigendo la neonata compagnia del teatro. E’ nata così, con la collaborazione e l’entusiasmo di Germana Erba e Gian Mesturino la  compagnia stabile di balletto Collettivo di Danza Teatro Nuovo, realtà che solo nell’84 si è trasformata in Compagnia di Danza Teatro di Torino e negli ultimi anni nel BTT.

Che tipo di compagnia era?
Una compagnia di creazione, con un organico preparato a rappresentare lavori tratti da Shakespeare o da Goethe, così come nuove creazioni di Roberto Fascilla, Vittorio Biagi, Loris Gai, Milorad Miskovitch. A mio parere si trattava di vere e proprie chicche, con un sapore di novità per il pubblico.
Le ispirazioni erano spesso letterarie, basate sull’intensità dei personaggi oltre che sulla padronanza tecnica. “Werther”, “Cleopatra”, “Romeo e Giulietta” o Amalia Guglielminetti nel gozzaniano “Amo le rose che non colsi” di Loris Gai sono solo alcuni dei personaggi che ho portato in scena in quegli anni.
 E' stato poi fisiologico ed altrettanto appassionante per me abbandonare la danza per dedicarmi a tutto ciò che serve per portare avanti una compagnia: in 50 anni di carriera posso dire che tutto è servito, danzare certo, ma anche saper impostare le luci, all’occorrenza.

Che ne è stato di quel primo gruppo stabile?
La compagnia faceva parte di un progetto comprendente anche la direzione della Scuola annessa al teatro Nuovo ed il Festival di Vignale, nato 1980. Sette lunghi anni di collaborazione durata fino al 1983, quando si è interrotto il rapporto con  Gian e Germana, soci con me nella gestione dell’attività del Teatro della Danza.Di comune accordo ci siamo divisi: io avrei proseguito alla guida della Compagnia in un nuovo teatro e a loro sarebbe rimasto il teatro con la Scuola ed il Festival di Vignale, realtà che nel frattempo era cresciuta molto.
E' a partire da quel momento che si forma con chiarezza la linea artistica che ancora oggi porto avanti.  Così sono nati il Teatro di Torino e la relativa Compagnia di Danza, il festival "Bolzano Danza”, che ho fatto nascere e diretto nei primi anni di vita, il festival “Acqui in Palcoscenico” - che ha da poco compiuto 30 anni - “Danza alla Fortezza del Priamar” a Savona ed il “Festival dei Laghi”, sui laghi  e Maggiore e d’Orta.

In quegli anni anche Nureyev ha danzato con la vostra Compagnia...
Un giorno mi chiama Luigi Pignotti, da sempre amico/impresario di Rudy, e mi chiede compagnia e allestimento per una "Giselle" dove Rudolf Nureyev sarebbe stato il principe Albrecht, Eveline Desutter la sua partner e  David Coleman il direttore d’orchestra. I teatri c’erano e le orchestre pure, non potevo rinunciare…così chiamo Jaqueline De Min a rimontare la coreografia,  completo il cast con  James Urbain, splendido Ilarion e me stessa perfida Myrta, regina delle Villi. E via! In giro per l’Italia! 

Nureyev: un artista istintivo?
Era speciale, con tutte le sue stramberie da grande artista che però si facevano perdonare. Per dirne una:  al Teatro Rendano di Cosenza, in pieno debutto, interruppe la coda del passo a due perché, nonostante il divieto di effettuare riprese video, si accorse che qualcuno dal palco lo stava filmando. Semplicemente sparì dietro le quinte. Si sentì un gran tramestio, la rottura di una telecamera scagliata a terra e  Rudy, come se niente fosse, tornò in scena finendo la serie degli entrechat six sotto gli occhi increduli della  sua partner.
La "Giselle" ha poi avuto lunga vita con altri protagonisti: Contardi-Olivieri, Razzi-Jacobson, Desutter-Fedotov, Calderini-Bellezza, Massimiliano Guerra-Vismara e, non ultimo Roberto Bolle al Coccia di Novara, nel 1997 dove ha interpretato per la prima volta il ruolo “…alla Scala mi fanno sempre fare il contadinello…!”.
Particolare curioso, questa è stata l’ultima "Giselle" danzata da un Nureyev, già provato dalla malattia, e la prima di  Roberto Bolle, agli albori della sua straordinaria carriera.


Quando viene ridefinita la fisionomia del BTT ?
Negli  anni ‘90 è stata avviata una nuova fase di ricerca che intendeva esplorare con specifici progetti il lavoro di salvaguardia e riflessione sul patrimonio artistico coreografico del passato. Su quella base la José Limón Foundation, per esempio, ha deciso di concedere i diritti di rappresentazione di “There is a time”. Poi sono seguiti “Progetto Lifar” nel 1997 e “Progetto Milloss” nel 1999, uno dei coreografi più significativi attivi in Italia negli anni  ’50 e ‘60.  Infine, nel 2000, la presenza di Karole Armitage che ha creato per il BTT il suo particolarissimo “Io, Giacomo Casanova”. Ma è nel 2001 che si ridefinisce il profilo artistico del BTT scegliendo come coreografo stabile Matteo Levaggi, che plasma sulla sua particolare qualità di movimento i nuovi danzatori della compagnia portandola a risultati eccellenti, riscontrati da numerosi premi. Basti pensare, nel 2008, al “Prix compagnie d'auteur" nell'ambito de "Les Étoiles de Ballet 2000" di Cannes, Palazzo dei Festival, alle partecipazioni alla Biennale Danza di Venezia e a Bolzano Danza, al Joyce Theatre di New York, a La Maison de La Dance di Lione, a Pavillon Noir di  Preljocaj. E tournèe in tutto il mondo.

Dal 2009 il BTT ha sede alla Lavanderia a Vapore di Collegno: un luogo atipico per la danza?
Un luogo suggestivo anche dal punto di vista della collocazione, perché si trova al centro di un importante triangolo culturale: il Castello di Rivoli, centro di arte contemporanea, Grugliasco, dove è attiva una rinomata Scuola di Circo. Mancava la danza a Collegno, ed eccomi qua.
Il progetto è in realtà nato su richiesta della Regione Piemonte e del Comune di Collegno, interessati a riqualificare l’ex lavanderia a vapore del manicomio per trasformarla in luogo di produzione e centro d’attività artistica di danza. Insomma, uno spazio inusuale ma bellissimo, immerso in un parco e oggi diventato un centro polifunzionale all’avanguardia, in grado di ospitare spettacoli, installazioni visive, mostre, workshop, seminari, residenze, compagnia. Il nostro pubblico, in gran parte formato da giovani, trova alla Lavanderia a Vapore una vera e propria Casa della Danza Internazionale.

La formazione è ancora presente nell’attività legata al BTT?
L’attività didattica occupa una parte importante. La prima scuola che ho aperto, con criteri non selettivi, risale al 1960 nell’ambito delle attività culturali dell’A.R.C.I. torinese. Oggi, la Scuola di Danza e Perfezionamento del BTT annessa alla compagnia che ne assorbe i migliori elementi, mantiene gli stessi criteri non selettivi di accesso.

Vi si accede senza selezione?
La danza è un piacere personale e una ricerca di se stessi: deve essere una gioia per tutti. Non seleziono mai per entrare nella scuola. Solo dopo i 13 /14 anni fornisco orientamenti cercando di preparare l’allievo non solo al lavoro del ballerino. Da bambina ho avuto difficoltà a studiare danza perché venivo da una famiglia non agiata, oggi sto lavorando perché tutti abbiano la possibilità di accedere a questo mondo fin da piccoli. Non a caso, per queste idee che da sempre hanno ispirato la mia carriera, da giovane mi chiamavano “la pasionaria della danza”.